
Dove si nasconde quindi l'arcano?
Quando ho iniziato ad approcciarmi al mondo delle farine e dei lievitati e ho frequentato i miei primi corsi, sono stata letteralmente bombardata da nozioni che non sempre comprendevo a pieno: nonostante i prodotti ottenuti (pane e pizze in primis) siano molto semplici e basilari e siano nati dalla tradizione casalinga, che - si sa - è frutto prevalentemente del caso e non della tecnica, hanno però nei loro retroscena caratteristiche chimiche e fisiche di un certo livello. Ovvio che, il risultato lo si ottiene anche con il tramandarsi ricette buone perché "fatte sempre così", ma quando si va ad approfondire specificamente ciò che ci sta dietro, beh, si apre un [bellissimo] mondo. *.*
Ma torniamo a noi, cosa determina le diverse strutture che i prodotti da forno presentano?
La quantità di acqua presente nell'impasto,
ovvero la sua IDRATAZIONE
Quando parliamo di idratazione intendiamo la % di acqua presente nell'impasto rispetto al peso della farina. In parole semplici: se sto lavorando 1kg di farina, avrò l'idratazione al 50% inserendo 500g di acqua, al 70% con 700g di acqua, al 100% con 1000g di acqua e così via.
Ok, ma adesso questa informazione come si traduce concretamente nel prodotto finale?
Adesso viene il bello ^_^ perché, in un certo senso, bisogna pensare al contrario. Infatti, i pani e i lievitati soffici e compatti hanno una bassa percentuale di idratazione (e, spesso, l'aggiunta di materia grassa di origine animale), mentre quelli alveolati e croccanti contengono acqua fino al 100% nei casi più estremi.
Questo succede perché l'acqua, in fase di cottura, si espande fino a trasformarsi in vapore. Durante il processo di cottura le molecole di acqua presenti nell'impasto si surriscaldano fino a "esplodere", lasciando così un vuoto all'interno della maglia glutinica: questa, infatti, nei primi minuti si dilata seguendo l'ingrossamento delle goccioline d'acqua e, dopo circa 3 minuti, inizia a fissare la forma raggiunta. Diventa così intuibile capire che, quando la molecola di H2O "esplode", lascia un vuoto che si è già fissato nella struttura! Più acqua c'è nell'impasto (e più la fermentazione/lievitazione è stata sapientemente gestita) e più le goccioline di acqua avranno dimensioni considerevoli, tali poi da formare quei bei alveoli tipici di pani croccanti. Al contrario, pani soffici come il pancarrè o i paninetti al latte hanno un'idratazione che va dal 50 al 60%: la loro alveolatura è molto compatta e piccola proprio grazie al basso contenuto di liquidi.
Lo stesso, ovviamente, vale per la pizza.
Il disciplinare A.P.I.T.E.R. (Autentica Pizza In Teglia alla Romana) prevede per la classica teglia alla romana un'idratazione che va dal 75% fino a un massimo di 100% (con un rapporto ottimale attestato sull'80%): questa tipologia di pizza è nota per essere particolarmente croccante e avere una struttura molto pronunciata, per non dire addirittura estrema in alcuni casi.
Viceversa, invece, per quanto riguarda la pizza verace napoletana, descritta dal disciplinare A.V.P.N. (Verace Pizza Napoletana): è previsto un contenuto di acqua dal 55% al 62,5%, in maniera da "essere morbida, fragrante, facilmente piegabile a libretto, dal sapore caratteristico derivante dal cornicione che presenta il tipico gusto del pane ben cresciuto"
Questo quindi ci deve far capire che ogni se vogliamo ottenere un determinato risultato, dobbiamo porre attenzione al rapporto acqua/farina proposto dalla ricetta a cui facciamo riferimento e, parallelamente, che possiamo "crearci" delle preparazioni che rispecchino i nostri desideri semplicemente bilanciando e calibrando adeguatamente questi due ingredienti.
Non ci credete?
Vi smentisco subito ^_^ la ricetta del pan bauletto soffice che ho pubblicato qui un po' di tempo fa l'ho creata io in soli due tentativi e ho ottenuto, credetemi, lo stesso pane della Mulino Bianco, senza ovviamente il sapore di alcool o conservanti: è stato davvero molto soddisfacente e non c'è settimana che non replichi alla lettera questo pane, perché in casa piace davvero tanto! *.*
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