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Il lievito, la lievitazione e la fermentazione - Parte 1

     Oggi vorrei iniziare ad affrontare il grande tema del lievito e della lievitazione o almeno  parlare un po' della teoria di questi vasti argomenti.

Tutti siamo a conoscenza del fatto che il lievito è una sostanza chimica che aiuta l'impasto a crescere in volume, ma come funziona?

Il lievito, anzi è meglio parlare di lieviti, sono i protagonisti della fermentazione alcolica e sono dei microrganismi che appartengono alla famiglia dei Saccharomyceti; in particolare, il comune lievito di birra è un tipo sezionato, il Saccharomyces cerevisiae. Il lievito madre, invece, non subisce alcuna selezione ed è quindi composto da numerosi tipi di Saccharomyceti che convivono con altrettanti numerosi microrganismi.
I lieviti, nello specifico, sono dei funghi eucarioti [ovvero cellule con un nucleo ben definito che si riproducono per gemmazione (sviluppano una protuberanza in possesso dello stesso DNA che si stacca dalla cellula "madre" e genera una nuova cellula identica alla "madre" stessa)]. Questi microorganismi sono del tipo anaerobici facoltativi. Ciò significa che possono vivere sia in presenza che in assenza di ossigeno: nel secondo caso fermentano, mentre nel primo lievitano, moltiplicandosi e determinando la crescita della massa e la generazione di anidride carbonica e calore/energia secondo la formula:

Formula della lievitazione: C6H12O6 + 6O2   6H2O + 6CO2 + energia


Dove C6H12O6 è il glucosio (zucchero) contenuto nella farina e di cui si alimentano e 6O2 sono le molecole di ossigeno incamerate durante l'impastamento.  6H2O e 6CO2 sono le molecole di acqua e anidride carbonica risultanti dalla reazione di lievitazione, alle quali si aggiunge energia liberata nell'ambiente
Inoltre, è importante ricordare che i lieviti sono mesofili, cioè preferiscono vivere a temperature medie, fra i 20° e i 40°C: a 35°C sviluppano la loro massima attività fermentativa e rimangono attivi fino a circa 42°C; oltre i 50° muoiono. Questa è una caratteristica che è doveroso sottolineare: spesso nei moderni forni troviamo la famosa "funzione lievitazione", sviluppata per tentare di ricreare delle casalinghe celle di lievitazione e riuscire a far crescere gli impasti a temperatura costante e controllata. Peccato però che le impostazioni di questa funzione permettano di stabilire valori fra i 30° e i 40°C, apportando dunque temperature troppo elevate se non calibrate adeguatamente e compromettendo la riuscita del lievitato. Attenzione quindi a utilizzare la funzione lievitazione; il più delle volte è sufficiente lasciar lievitare l'impasto nel forno con sportello chiuso e lucina accesa, che attraverso la propria energia crea la temperatura ottimale.

Tornando ai nostri lieviti, osserviamo come durante l'impastamento questi assorbono molto ossigeno grazie al movimento che diamo alla massa e di conseguenza iniziano a riprodursi per gemmazione, quindi a lievitare. Ciò determina l'aumento di volume dell'impasto, come è logico che sia, e il processo è garantito finché c'è disponibilità di ossigeno. Dopodiché si crea un ambiente anaerobico [privo di ossigeno] in cui l'impasto smette di lievitare e comincia a fermentare, producendo anidride carbonica (gas) che donerà sofficità e profumo al prodotto finale.

Formula della fermentazione alcolicaC6H12O6   2C2H5OH + 2CO2 + calore

Dove C6H12O6 è il glucosio (zucchero) contenuto nella farina che viene metabolizzato dai lieviti tramite l'enzima zimasi.  I prodotti di risulta sono: 2 molecole di C2H5OH, alcol etilico, 2 molecole di CO2, anidride carbonica, e il calore dissipato nell'ambiente.
Nella formula osserviamo che i lieviti, per portare a compimento la fermentazione alcolica, si nutrono di zuccheri semplici, i monosaccaridi, e contengono al loro interno gli enzimi zimasi necessari per scomporre il glucosio, ovvero lo zucchero complesso presente nella farina in primis e negli altri ingredienti dell'impasto. La qualità della farina, dunque, è fondamentale affinché tutta la reazione chimica si svolga correttamente e che i prodotti di risulta donino al prodotto finale il sapore e la fragranza desiderati.

    Queste prime informazioni sui lieviti già ci dicono molto di come si comportano e di come dobbiamo di conseguenza agire noi in virtù del prodotto che vogliamo ottenere. Come risulta chiaro, è necessario capire la differenza fra lievitazione e fermentazione e capire come ottenere l'una e/o l'altra e come gestire i tempi per poter donare al nostro lievitato le caratteristiche che desideriamo. Qui ci viene in aiuto un alleato speciale: il frigo! Quando vogliamo generare prodotti con lunghi tempi di maturazione (lievitazione + fermentazione) è evidente come sia necessario rallentare i processi chimici generati al loro interno. Ciò è possibile, ad esempio, riponendo l'impasto in frigo per un determinato periodo, affinché i lieviti siano più "assopiti" e consumino meno rapidamente l'ossigeno a loro disposizione, in un certo senso "gustandoselo" più lentamente e avendo la possibilità di sviluppare in maniera più graduale e controllata tutti gli aromi desiderati. 

Spero che queste nozioni vi appassionino esattamente come affascinano me e vi possano essere utili per lavorare gli impasti e programmare i vostri lievitati con più consapevolezza. Ovviamente, questo mondo è immenso e non pretendo con poche righe di esprimerlo appieno: mi piacerebbe comunque portare avanti questi aspetti teorici di tanto in tanto e se volete approfondire non esitate a chiedermi o cercare informazioni in internet....è pieno di siti, blog, forum e soprattutto libri zeppi di nozioni che spesso si fa anche fatica a tenere tutte insieme!

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